Garante Privacy contro i pass vaccinali: gravi criticit? nel Decreto riaperture

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Il Garante Privacy si schierato contro una delle più discusse novità del Decreto riaperture che da lunedì prossimo allenterà le misure restrittive introdotte in Italia per contrastare la pandemia. Il riferimento va alle certificazioni verdi necessarie per gli spostamenti tra Regioni e Provincie autonome in zona arancione e rossa (QUI tutti i dettagli sul funzionamento). Il Garante interviene con durezza nei confronti del sistema che prevede di fatto (anche) pass vaccinali come condizione per determinati spostamenti:

la norma presenta criticità tali da inficiare la validità e il funzionamento del sistema previsto per la riapertura degli spostamenti durante la pandemia

Il Garante chiede quindi che la disciplina venga opportunamente modificata con un intervento urgente a tutela dei diritti e delle libertà delle persone. Per queste ragioni nelle scorse ore il Garante ha inviato un avvertimento formale a tutti i ministeri e al Presidente del Consiglio dei ministri che dovrà valutare come agire.

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COSA NON VA NELLA NORMATIVA

La risposta breve è che la normativa non rispetta i principi sulla tutela dei dati personali così come delineati dal Regolamento UE. Più nel dettaglio il Garante italiano evidenzia:

  • il decreto riaperture manca del necessario fondamento normativo per per introdurre e utilizzare i certificati verdi su scala nazionale
  • la normativa è gravemente incompleta relativamente alla protezione dei dati personali
  • non sono stati valutati i rischi su larga scala per i diritti e le libertà personali
  • non vengono definite le finalità per il trattamento dei dati sulla salute degli italiani. Il Garante prospetta il rischio di molteplici e imprevedibili futuri utilizzi
  • non si specifica chi è il titolare del trattamento dei dati. Le conseguenze non sono trascurabili: ad esempio, non sapendo a chi rivolgersi, il cittadino si troverebbe in difficoltà nell'ipotesi in cui sia necessario correggere determinate informazioni non corrette contenute nel certificato
  • è previsto un eccessivo utilizzo dei dati contenuti nei certificati da esibire in caso di controllo. Il Garante sottolinea ad esempio che sarebbe bastato indicare solo la data di scadenza del pass, senza prevedere i tre tipi di pass che distinguono tra chi si è vaccinato, chi è guarito e chi ha effettuato un tampone negativo – si ricorda che a ciascuna di queste tre condizioni corrisponde una differente durata del pass:
  • mancano riferimenti ai tempi di conservazione dei dati e misure per garantire l'integrità e la riservatezza

UNA CRITICA (POCO VELATA) AL GOVERNO

Per dirla diversamente quella del Garante è una bocciatura su tutta la linea dell'attività del Governo Draghi nel caso specifico. Non manca una critica diretta che l'Autorità italiana per la tutela dei dati personali rivolge al Governo: una consultazione preventiva sarebbe stata sufficiente per arrivare ad un testo pienamente conforme alle norme sulla tutela della privacy:

le gravi criticità rilevate si sarebbero potute risolvere preventivamente e in tempi rapidissimi se, come previsto dalla normativa europea e italiana, i soggetti coinvolti nella definizione del decreto legge avessero avviato la necessaria interlocuzione con l’Autorità, richiedendo il previsto parere, senza rinviare a successivi approfondimenti

E ORA?

Il Decreto Riaperture entra in vigore lunedì prossimo e il tempo per modificarlo alla luce dell'intervento del Garante è oggettivamente poco. Delle due l'una: o Draghi e i suoi ministri passeranno un intenso weekend per apportare le correzioni richieste oppure la normativa, come da programma, sarà operativa da lunedì e arriveranno norme integrative per risolvere le criticità. Per completezza di informazione si ricorda che è prevista per oggi alle 10:00 la riunione del Consiglio dei Ministri: tra gli argomenti "vari ed eventuali" potrebbe rientrare anche l'esame delle richieste del Garante Privacy. La terza ipotesi – che Governo scavalchi in toto il Garante privacy – è quella meno probabile, non fosse altro perché significherebbe anche voltare le spalle alla normativa europea sulla tutela dei dati personali (e un Draghi in qualche modo antieuropeista non è così verosimile).

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