Bollette a 28 giorni, il Consiglio di Stato respinge il ricorso degli operatori

Nel gennaio del 2020, dopo ben due anni di indagini, l'Antitrust ha espresso una dura condanna nei confronti degli operatori telefonici Vodafone, Wind Tre, TIM e Fastweb, multati per una cifra complessiva di 228 milioni di euro in quanto rei di aver fatto cartello e annullato la concorrenza sul mercato addebitando le bollette con una cadenza di 28 giorni, ottenendo così su base annuale il riscatto di 13 mensilità invece di 12: una pratica che ha coinvolto ben 12 milioni di utenti di linea fissa.

IL CONSIGLIO DI STATO DICE NO A WINDTRE

La vicenda però non si è ancora conclusa: nella giornata di ieri infatti si è aggiunto un altro tassello, con la VI sezione del Consiglio di Stato che si è espressa bocciando il ricorso promosso da Wind Tre per ottenere la revoca della sentenza n.1368 del 2020 con la quale lo stesso Consiglio di Stato aveva respinto l’appello contro la decisione del Tar Lazio di non annullare la delibera n. 497 del 2017 dell’Agcom.

Tradotto in parole povere, Wind Tre si era rivolta al Consiglio di Stato nella speranza di vedere annullato il verdetto del Tar che teneva in vita la condanna espressa dall'Agcom sulla pratica delle bollette ogni 28 giorni. Dopo un primo fallimento, ha poi fatto ricorso, ottenendo ancora un secco diniego dal Consiglio di Stato, che ha inoltre condannato l'azienda ad un risarcimento a beneficio del Codacons e dell'associazione degli Utenti per i Diritti Telefonici pari a 10.000 euro.

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ORA SANZIONI E RIMBORSI

E ora, come spiega il presidente del Codacons Carlo Rienzi, l'Agcom "dovrà intervenire per sanzionare nuovamente il mancato rispetto delle disposizioni da parte delle società", sanzioni che si dovranno tradurre inoltre in un rimborso automatico per tutti i clienti coinvolti, e che per via di questa pratica illecita come detto si sono ritrovati a pagare 13 mensilità all'anno in luogo di 12: "se tutti i clienti coinvolti nella vicenda non saranno rimborsati in modo automatico, avvieremo le dovute procedure di pignoramento presso le sedi dei gestori telefonici", conclude duramente Rienzi.

I giudici di Palazzo Spada (Presidente Sergio Santoro, Rel. Giovanni Orsini) hanno così dettagliato le ragioni per cui le richieste degli operatori telefonici non possono essere considerate ammissibili:

Non si ravvisa nell’impianto della sentenza alcun elemento da cui far discendere l’errore revocatorio. […] il giudice di appello ha opportunamente precisato il pregiudizio che la fatturazione quadrimestrale aveva causato agli utenti perché, diversamente da quanto sembra ritenere la ricorrente, vi è uno stretto collegamento tra tale pregiudizio (vale a dire aver introdotto un incremento tariffario dissimulato) e il suo protrarsi oltre il 23 febbraio 2017, che è alla base degli “storni”[…]
Anche il secondo motivo non appare fondato. La sentenza n. 1368, infatti, affronta espressamente le censure concernenti il difetto di contraddittorio e le respinge motivatamente. Né si può sostenere che le affermazioni contenute nella sentenza abbiano tralasciato di considerare che le interlocuzioni svoltesi nel procedimento che avrebbe portato alla delibera n. 121 non avessero riguardato – secondo la prospettazione della ricorrente – le misure successivamente disposte dalle delibere nn. 497 e 115.

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